Sinodalità, ecumenismo e liturgia nel pontificato di Papa Leone XIV

11. Mai 2025 in Italiano


Per Leone XIV, la liturgia non è decorazione o culto esteriore, ma espressione ed attuazione dell’identità ecclesiale – Degna di nota è la stima che Leone XIV nutre per la liturgia bizantina. Di Archimandrita Dr. Andreas-Abraham Thiermeyer


Vaticano (kath.net) La spiritualità come principio strutturante.
I.    Introduzione: La Chiesa tra struttura e Spirito

In un tempo di sconvolgimenti ecclesiali globali e polarizzazioni teologiche, il pontificato di Papa Leone XIV si è distinto come guida spirituale. Al centro della sua azione pastorale e teologica vi è il recupero della Chiesa come communio strutturata spiritualmente. Egli unisce due dimensioni dell’esistenza ecclesiale spesso concepite separatamente: la sinodalità come forma spirituale dei processi decisionali ecclesiali e la liturgia come fonte e culmine della vita della Chiesa (Sacrosanctum Concilium 10). Insieme, queste due realtà costituiscono il fondamento della sua visione ecclesiologica – una Chiesa che non vive di strategie, ma dell’ascolto dello Spirito.

II. La sinodalità come prassi spirituale: più di uno strumento politico-ecclesiale

1. La profondità teologica dell’agire sinodale
Nel pontificato di Leone XIV, la sinodalità non è compresa in modo funzionalista – come mezzo di partecipazione o di democratizzazione – ma fondata pneumatologicamente. La parola chiave è auditus fidei: la sinodalità è l’ascolto comunitario di ciò che lo Spirito dice alle Chiese (cf. Ap 2,7). Ciò implica un cambiamento di prospettiva decisivo: non sono i processi o le strutture a essere al centro, ma l’atteggiamento spirituale del discernimento nella comunione.

2. Sinodalità e conversione del giudizio
Papa Leone XIV sottolinea ripetutamente la necessità di un’“ascesi dell’ascolto” – un atteggiamento che non mira all’affermazione delle proprie posizioni, ma al riconoscimento comune della volontà di Dio. La sinodalità è così anche una scuola di conversione: si tratta di una “conversione del giudizio”, come la descrive Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali. Solo chi è disposto a lasciarsi mettere in discussione dall’altro e dallo Spirito può prendere parte a un vero processo sinodale.

3. Il ministero come servizio di mediazione – non di dominio
Durante i sinodi del 2023 e 2024, Leone XIV ha interpretato il proprio ruolo non come un comando autoritario, ma come un moderatore spirituale. Il ministero petrino, in questa visione, non appare come strumento centralizzato di governo, ma come luogo di discernimento spirituale. Il Papa agisce come mediatore tra culture, posizioni teologiche e tradizioni spirituali – e così ottiene autorevolezza attraverso l’umiltà.

III. La liturgia come ancoraggio teologico dell’identità ecclesiale

1. La liturgia come fede cantata della Chiesa
Per Leone XIV, la liturgia non è decorazione o culto esteriore, ma espressione ed attuazione dell’identità ecclesiale. L’Eucaristia è il centro – non solo come memoriale, ma come presenza viva e sorgente della missione. Seguendo Agostino, egli definisce la liturgia sacramentum unitatis: segno visibile di un’unità interiore che non è ideologicamente omogenea, ma spiritualmente convergente in modo polifonico.

2. Il canto come atto spirituale di incarnazione
Particolarmente significativa è l’importanza teologica attribuita al canto nel pontificato di Leone XIV. Il suo Kyrie, Gloria, Pater noster o Regina coeli cantati non sono semplici cornici acustiche, ma forme corporee di dedizione spirituale. Nella formula attribuita ad Agostino cantare amantis est – “Chi ama, canta” – il canto diviene espressione del cuore e incarnazione della fede.

3. La liturgia come scuola di partecipazione sinodale
La partecipazione liturgica, secondo Leone XIV, non è una distribuzione funzionale di compiti, ma un’inclusione spirituale nel mistero. La liturgia è il luogo in cui si rende tangibile la partecipazione ecclesiale – non solo tramite ruoli, ma mediante la partecipazione al medesimo evento di Cristo. In questo modo la liturgia assume una qualità sinodale: è communio vissuta, non semplice rituale.

IV. Sinodalità e liturgia: due espressioni di una scelta spirituale fondamentale

Nell’interazione tra sinodalità e liturgia si rivela in profondità il profilo spirituale del pontificato di Leone XIV. La sinodalità conferisce struttura alla Chiesa – non nel senso istituzionale, ma in modalità di discernimento spirituale. La liturgia dà orientamento – non attraverso la morale o la didattica, ma mediante l’esperienza di Dio e la missione. Insieme, esse portano a una rivitalizzazione della Chiesa, che non vive per se stessa, ma come sacramento di salvezza per il mondo (Lumen Gentium 1).

V. L’ecumenismo come dimensione spirituale: la Chiesa d’Oriente come sorella e maestro

1. La sinodalità come principio-ponte ecumenico
Papa Leone XIV intende la sinodalità non solo come principio strutturale intra-cattolico, ma come categoria teologica con profonda rilevanza ecumenica. In particolare nel dialogo con le Chiese ortodosse, egli riconosce una risonanza spirituale che va ben oltre le semplici convergenze politico-ecclesiali. Le strutture sinodali delle Chiese orientali – con la loro tradizione di conciliarità, discernimento spirituale e teocentrismo liturgico – non appaiono come contrapposte, ma come complementari alla tradizione latina.

2. La liturgia orientale come fonte di rinnovamento per l’Occidente
Degna di nota è la stima che Leone XIV nutre per la liturgia bizantina. Nei suoi riti espressivi, nella profonda unione tra parola e icona, suono e preghiera, egli non vede una forma estranea, ma una sorgente spirituale che può offrire orientamento anche alla Chiesa romana. Le liturgie orientali non sono per lui esotiche, ma esemplari: luoghi in cui si rende tangibile la presenza dell’Inesprimibile – non attraverso la razionalità, ma attraverso il mistero e la bellezza.

3. Amicizia spirituale invece di retorica diplomatica
Lo stile ecumenico di Leone XIV non si fonda su diplomazie interconfessionali, ma su un’amicizia spirituale. I suoi incontri con patriarchi, comunità monastiche e teologi delle Chiese orientali sono segnati da un rispetto reciproco – non come espressione di una retorica sull’unità, ma come testimonianza di una ricerca comune dell’unico Signore.

4. La sinodalità come possibile chiave dell’unità
Per Leone XIV, la sinodalità non è soltanto un modello di riforma interna alla Chiesa, ma anche una possibile chiave per una futura unità ecclesiale – non mediante uniformità, ma attraverso una polifonia sinodale. Le Chiese orientali, con la loro conciliarità, custodiscono una testimonianza viva che l’unità non significa omologazione. L’Occidente, dal canto suo, offre l’universalità e il ministero petrino come espressione di unità nella diversità.

VI. Conclusione: La Chiesa come spazio di ascolto, celebrazione, missione e riconciliazione

Alla luce di questo approfondimento ecumenico, l’interazione tra sinodalità e liturgia nel pontificato di Leone XIV acquista una dimensione ancora più ampia. La Chiesa appare come spazio di processi spirituali – non come istituzione che si difende, ma come sacramento di unità in un mondo lacerato. Questa unità non è frutto di un accordo umano, ma dono dello Spirito.

Una Chiesa che ascolta sinodalmente e celebra liturgicamente saprà anche riconciliarsi ecumenicamente. In un’epoca in cui molti lamentano la perdita dell’unità, Leone XIV indica un cammino spirituale: silenzioso, mistagogico, obbediente allo Spirito. In esso risiede la speranza di una Chiesa che non divide, ma unisce – non con il potere, ma con l’amore.

 


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