2. Juli 2021 in Italiano
Secretario di Stato di Sua Santità ha detto a Berlino: „Come non ricordare, proprio qui a Berlino, il grande contributo dato da S. Giovanni Paolo II per far cadere il ‚Berliner Mauer‘.“ – Mit: VIDEO mit deutscher Übersetzung
Berlin (kath.net) kath.net dokumentiert die Worte von S.E. Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin beim wissenschaftlichen Symposium in der Apostolischen Nuntiatur in Berlin anlässlich der 100 Jahre diplomatischer Beziehungen zwischen Deutschland und dem Heiligen Stuhl in voller Länge und dankt der Apostolischen Nuntiatur in Berlin für die freundliche Erlaubnis zur Veröffentlichung in voller Länge.
Sua Eminenza
Cardinale Pietro Parolin
Secretario di Stato di Sua Santità
Breve intervento alla fine del Simposio “Rom in Berlin”
Nunziatura Apostolica a Berlino, 30.06.2021
Mi rallegro molto di partecipare a questo Simposio che vuole essere un momento di riflessione sul significato del centenario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Germania, la cui celebrazione è stata posticipato al presente anno a causa della pandemia. Sono grato agli organizzatori e all’Ecc.mo Nunzio Apostolico, anche per la saggia collocazione di questo atto accademico, nel contesto del mio viaggio a Berlino per commemorare un così alto evento.
Nel mio intervento, diffuso sia in lingua italiana che nella sua traduzione in tedesco, ho affermato all’inizio che “i giubilei come questo Centenario delle relazioni tra Germania e Santa Sede sono un invito, quindi, a riflettere sulla storia passata per vivere in pienezza il presente e incamminarsi con fiducia e coraggio verso il futuro (…) e che nella missione, sia cristiana che diplomatica, al servizio della sollecitudine pastorale del Sommo Pontefice per tutte le Chiese, “cerchiamo per così dire, di muoverci da credenti tra memoria e profezia, con la forza che ci viene dalla resurrezione di Cristo”.
Ora, il primo dono del Risorto è appunto la pace ed è questa pace che la diplomazia pontifica, sia a livello di Santa Sede sia a livello di Nunziature, nella persona dei Rappresentanti Pontifici, vuole promuovere, nella sua precipua missione, come ebbe a ribadire S. Paolo VI riferendosi ai Nunzi Apostolici: “il Rappresentante Pontificio è chiamato, tra l’altro, a farsi interprete della ‘sollecitudine del Romano Pontefice per il bene del Paese in cui esercita la sua missione; in particolare deve interessarsi con zelo dei problemi della pace, del progresso e della collaborazione dei popoli, in vista del bene spirituale, morale e materiale dell'intera famiglia umana’ (SAN PAOLO VI, Motu Proprio Sollicitudo Omnium Ecclesiarum, L’ufficio dei Rappresentanti del Pontefice Romano, IV. 2).
La Chiesa, proprio perché prolungamento nel tempo dell’azione salvifica di Gesù Cristo, è la maggior alleata dell’umanità per il conseguimento dei suoi beni, tra cui quello, appunto, della pace. Mi sembra che si possa ben dire, guardando alle due Guerre mondiali dello scorso secolo in Europa, che nessun’altra istituzione, come la Chiesa, si è adoperata per custodire, promuovere e rafforzare la pace tra i popoli e le nazioni.
Nel contesto dei cento anni delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Germania, guardando in retrospettiva possiamo dire che non sempre essi sono stati facili, ma grazie a Dio non si sono mai interrotti. Anche dopo la seconda guerra mondiale la Santa Sede si è dedicata molto alla causa della pace con Pio XII, che era stato Nunzio Apostolico in Germania e che, come Segretario di Stato, portò a termine il Concordato tra la Santa Sede e la Germania, appunto il “Reichskonkordat”, che fu uno strumento importante per proteggere la Chiesa cattolica dagli interventi ed attacchi della dittatura nazionalsocialista.
La Santa Sede, anche in Germania, non si è accontentata di osservare avvenimenti e valutarne la portata, ma ha costantemente agito per promuovere una collaborazione fattiva tra Chiesa e Stato, una vera cooperazione, concorde e ordinata, a vantaggio del bene comune e di quello dei singoli. E il bene comune ha con la pace più di un legame.
Di questa solidità di rapporti bilaterali, insieme al Reichskonkordat, ne è eloquente segno l’alto numero di Accordi, che la Santa Sede ha stipulato con i singoli Länder, ben cinquanta! Tali Accordi sono uno strumento valido per articolare e rafforzare la sana cooperazione fra la Chiesa e lo Stato, in particolare nell’ambito dell’educazione, della salute e della carità. La feconda collaborazione tra lo Stato e la Chiesa è fondata sull’idea chiara del proprio ruolo, nonché sugli interessi comuni, come lo ha affermato il Concilio Vaticano II: “La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo” (GS 76).
Oggi, dove l’attenzione si concentra sulla cosiddetta “guerra” al coronavirus, non si può né si deve dimenticare che viviamo in un tempo, come Papa Francesco ha più volte affermato di “una guerra mondiale a pezzi” dove “ci sono conflitti in molte regioni del pianeta che minacciano il futuro di intere generazioni”. Il Papa si è chiesto e ci chiede “come mai la comunità internazionale, con le sue organizzazioni, non riesce a impedire o a fermare tutto questo? Gli interessi economici e strategici hanno più peso del comune interesse alla pace? (…) E questa, in un mondo che lotta ancora contro la fame e le malattie, è una scandalosa contraddizione” (Discorso all’Università Roma Tre, 17 febbraio 2017)
L’azione diplomatica della Santa Sede, a partire dai Sommi Pontefici, è stata e sarà sempre a favore della pace. Come non ricordare, proprio qui a Berlino, il grande contributo dato da S. Giovanni Paolo II per far cadere il “Berliner Mauer”, detto a ben ragione “muro della vergogna”! Anche tanti agnostici e non credenti hanno definito “miracolo” la caduta del muro, avvenuta, non a caso, proprio durante il Pontificato del primo Papa slavo della storia, che ha creduto e ha proclamato fin dall’inizio che tale miracolo era possibile.
Quanto ci fa bene fare memoria di questo passato, anche a noi occidentali sempre tentati di far cadere nell’oblio tali mirabili pagine di storia. Una “diplomazia evangelica”, tanto cara a Papa Francesco, deve costantemente muoversi tra memoria e profezia. Una sinergia irrinunciabile, per chi crede che il Signore risorto non è fuori della storia, quasi indifferente ad essa, ma è dentro di essa e la plasma con il suo Spirito, attraverso la presenza e l’azione della Chiesa. Certo, la storia della Chiesa è segnata da peccati ed oscurità, ma tali macchie non potranno mai oscurare il faro di luce che da essa promana per tutti i popoli, in modo ininterrotto, in questi venti secoli. Luce che risplende in modo eminente in tutti coloro, e sono tanti, che veneriamo come “beati” e “santi” della Chiesa cattolica. Come appunto S. Giovanni Paolo II!
Per ritornare a questa azione per la pace della Chiesa, come non ricordare il recente viaggio di Papa Francesco in Iraq. Una visita questa che è indubbiamente tra le più importanti del Pontificato. Memorabile l’incontro di Sua Santità con Ali al-Sistani, che ha reso possibile una grande svolta per una nuova fase nel dialogo che il Papa voleva tra cristiani e musulmani. In effetti, questo viaggio ha messo in moto delle dinamiche molto importanti non solo in Iraq ma, appunto, per tutto il dialogo interreligioso; esso è cruciale per evitare quel “clash of civilizations” - da tanti temuto e da altri dato per certo – e per camminare sulla via tracciata dall’Enciclica “Fratelli tutti”, che ha sviluppato i temi del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato congiuntamente da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib, ad Abu Dhabi.
La Santa Sede è profondamente grata alla divina provvidenza per il cammino che il Popolo della Germania ha fatto verso la pace e la riunificazione, e auspica che le Autorità civili e politiche mai cessino nello slancio della ricerca del bene comune, cercando di moltiplicare gli sforzi per tutelare la dignità umana, comprensiva di quella “trascendente”, perché solo così il bene della pace potrà essere salvaguardato.
Vorrei, infine, esprimere una particolare gratitudine per i buoni rapporti e la fruttuosa collaborazione tra la Santa Sede e la Germania e fra la Chiesa e le Istituzioni del Paese, soprattutto nel campo dell’educazione, della salute e della carità. Penso, ad esempio, al grande sforzo portato avanti dalle Autorità del Paese nei confronti dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti. Come non ricordare, a tale proposito, la grande generosità dei tedeschi nei confronti dei rifugiati siriani nel 2015! Non si contano poi le tante opere di carità fiorite, grazie anche alla collaborazione ecumenica tra cattolici ed evangelici.
Sono certo che con l’aiuto di Dio questi rapporti bilaterali proseguiranno nel segno del reciproco rispetto, del rilevante contributo dei valori cristiani per la vita della società tedesca e della promozione del bene comune.
Grazie per l’attenzione.
Foto: Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin (l.) mit Erzbischof Dr. Nikola Eterović, Apostolischer Nuntius in Deutschland (r.), am 29. Juni 2021 in Berlin © Deutsche Bischofskonferenz/Kopp
VIDEO - Deutsche Bischofskonferenz - Rom in Berlin – 100 Jahre diplomatische Beziehungen zwischen dem Heiligen Stuhl und Deutschland (Komplette Veranstaltung) - Kardinal Parolin mit deutscher Übersetzung: Ab Stunde 3
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